Il
tema del nostro più recente lavoro è racchiuso in un aforisma: “Non
aspettatevi molto dalla
fine del mondo”. L’aforisma l’abbiamo scovato dopo; il tema che la
Compagnia ha
scelto è quello dell’Apocalisse. C’è di che spaventarsi, naturalmente
“. . .Oh,
poverino! Che cos’hai? Bibi al pancino?...” (dal testo teatrale). Per
questo, di fronte ad un tema così, non resta che mantenere il buon
umore: “Su,
su, non se la prenda e ci dica: cos’è che si agita nella sua mente?”. E
non sarebbe tanto facile se la Compagnia e gli Autori non credessero
nella
forza dell’ironia, nella comicità diretta così come amano e credono in
quella
della poesia “E’
tutto annegato nel rosa
il verde di queste colline, i
pini, i
mattoni delle cascine, le strade di polvere bianca...”
L’aforisma
titolo racchiude il senso dello spettacolo: scene, canzoni, musiche
scritte per
la possibilità del palcoscenico e degli attori che tessono la storia
dei tre
personaggi disincantati, nella loro quotidianità. Apparentemente
normali. Apparentemente assurdi. “Bella
questa pianta. Ma è di plastica? Sì, per questo è sempre viva. Anch’io,
certe volte,
vorrei essere di plastica”. Come
tutti noi, secondo le situazioni in cui ci si trova, secondo i punti di
vista. Sono
personaggi che vengono colti da paure semplici semplici, un microcosmo
bizzarro, ma consueto. Le loro speranze, i desideri e le delusioni
vanno dalla
voglia di viaggiare, al trovare un lavoro, all’incontro con l’anima
gemella. "Il
nostro viaggio personale è interamente immaginario . Ecco la sua forza!
E poi,
tutti possono fare lo stesso. Basta chiudere gli occhi e sognare...”. L’Apocalisse
non è un momento finale: né di una vita, né di un pianeta con tutti i
suoi esseri
viventi. L’Apocalisse non può spaventare più di tanto. Fa paura, ma più
o meno
come il domani. Credere
e puntare sul fatto che il domani sarà meglio di oggi è puerile. Ogni
momento è
determinante.“Tutti gli oggi non sono che una serie di domani, uno in
fila all’altro”. La
successione di tanti oggi è il passato personale e della Storia. Ogni
giorno - per
questo abbiamo scelto lo spettacolo della quotidianità - contiene
potenzialmente il
futuro.Ce
ne sarà? Se non ci sarà, sarà l’Apocalisse. Almeno così pare. Ma dopo?
In
“Non aspettatevi molto dalla fine del mondo” rivolgiamo una particolare
attenzione sia all’importanza della parola e del testo, sia al modo di
portarlo
in scena e quindi ad un teatro essenzialmente d’attore. Ne consegue una
scenografia semplice, nella quale pochi elementi assumono un forte
significato
simbolico, come il pavimento inclinato che costringe gli attori in un
continuo
fragile equilibrio per non precipitare...
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